Chi sei e qual’è il tuo progetto.
Mi chiamo Lorenzo Fabbri, ho 30 anni e vengo da Rimini. Mi sono trasferito da qualche mese a Milano per sviluppare GreenGraffiti, il mio progetto di comunicazione outdoor sostenibile. GreenGraffiti è un network internazionale di agenzie di comunicazione presente in numerosi paesi europei (Olanda, Bulgaria, Spagna, Germania, Polonia) e extra-europei (Korea del Sud e Israele), di cui noi rappresentiamo il branch italiano. Lo scopo del network è quello di studiare e sviluppare nuove forme di comunicazione, pubblicitarie o informative che siano, a basso impatto ambientale e con una logica sostenibile. Possiamo definirci un ibrido tra un’agenzia di guerrilla marketing ed una organizzatrice di eventi, ma tutto quello che progettiamo ha sempre un orientamento green.
In che maniera il tuo progetto rende il mondo migliore?
Ci possono essere due diverse chiavi di lettura in questo senso. Da un lato GreenGraffiti vuole abbattere il peso ambientale dell’industria dell’advertising: anche se si tratta di un argomento di cui si parla poco o nulla, la pubblicità outdoor rappresenta infatti un costo gigantesco in termini di risorse utilizzate, considerando la produzione di flyer e cartelloni, gli inchiostri, le colle chimiche e lo smaltimento. Per questo motivo cerchiamo di studiare soluzioni creative rispettose dell’ambiente e poco invasive per la città, che possano integrarsi ai media istituzionali. La seconda interpretazione richiede invece un’analisi più complessa della pubblicità in generale. Negli ultimi 20 anni in Italia la comunicazione commerciale ha saputo incanalare e farsi portatrice di modelli e stili di vita precisi di fronte ad una platea di milioni di persone. Si è servita delle menti più geniali, dei media più importanti, di budget inarrivabili, per associare al brand una storia, un viso, un’emozione particolare, costruendo infine un sistema di valori in grado di influire sui comportamenti delle persone.
E oggi, nonostante la crisi gigantesca in cui versiamo, la pubblicità rimane il canale di comunicazione in cui si investe maggiormente. Al che ci siamo chiesti: si potrà mai sfruttare questo strumento per riuscire a proporre valori positivi, come la sostenibilità, sociale ed ambientale, il rispetto per l’ambiente e la consapevolezza dei consumi? Se finora una pubblicità ha giocato sul corpo della donna per promuovere uno yogurt o un cioccolatino, sarà possibile spostare l’asticella dei contenuti verso qualcosa di più educativo? Si tratta chiaramente di una sfida a lungo termine, che non so se riusciremo mai a vincere. Però il fatto di poter comunicare concetti come l’attenzione all’ambiente, l’impronta idrica, la compensazione, durante la promozione di un marchio, ci fa capire di essere sulla strada giusta.
Qual’è stato il tuo momento di maggiore difficoltà?
L’agenzia è nata nel 2009, ma abbiamo iniziato a dedicarci a tempo pieno a questo tipo di comunicazione solo dal 2011, per cui siamo ancora in una fase di assestamento in cui la difficoltà è praticamente una componente quotidiana. Fortunatamente il nostro lavoro piace a molti, e questo fattore in qualche modo livella lo sconforto e le ansie con cui una nuova realtà imprenditoriale deve per forza combattere nei primi anni di vita.
Qual’è stato invece il tuo maggior successo?
A fatica riesco a trovare un momento di successo, anche perché quando si ha una propria attività penso sia normale vedere con sguardo critico tutto quello che è stato fatto, puntando sempre a obiettivi più ambiziosi. Sicuramente posso dire che rapportarsi con importanti agenzie e clienti di spessore internazionale e sentir spesso tessere le lodi dei propri lavori fa sempre bene all’ego…
Perché sei a The Hub e che cosa ti sta dando essere parte di questa rete?
La mia esperienza all’interno di The Hub è sicuramente particolare, perché sono arrivato qua già formato, con un’agenzia già nata e un’idea precisa di dove voglio andare. Stavo cercando uno spazio di coworking a Milano e sicuramente The Hub si è rivelato essere il più in linea con la mia filosofia professionale e personale. E l’incontro con questa realtà ha avuto un duplice effetto sul mio modo di lavorare: da una parte mi ha permesso di entrare in contatto con il magico mondo delle start-up e di conoscere miei coetanei che stanno provando nonostante la crisi a ritagliarsi un proprio spazio imprenditoriale; dall’altra, per una serie di coincidenze, mi ha spinto a ripensare l’intelaiatura della mia società optando per un modello quanto più liquido possibile.