Andrea Guida
30 July 2012 - Impact Hub

Mi chiamo Andrea Guida ho 40 anni, passo gran parte del mio tempo in viaggio e in particolare all’estero. Ho trascorso molti anni lavorando come Communication Designer freelance. Nel farlo ho raccolto esperienze in tutti i media, in particolare digitali essendo emergenti in quegli anni (mi connettevo ad una prima forma di internet già nel 90…). Sino a che, circa 8 anni fa, ho scoperto un modo diverso di fare consulenza e una opportunità per mettere a fattore comune tutte le mie variegate esperienze precedenti.

Il mio lavoro è quello di disegnare le attività che un gruppo più o meno grande di persone devono fare insieme, per raggiungere soluzioni migliori e condivise. E’ un modo di lavorare che permette di affrontare e gestire la complessità dei problemi di oggi: sempre piú difficili da descrivere e che richiedono grande rapidità per passare dalla loro analisi alla soluzione. Svolgo questa attività per ogni tipo di organizzazione in ogni tipo di settore e in particolare, con i miei amici e colleghi del The ValueWeb, per quelle grandi non profit internazionali che si occupano di indirizzare le questioni che riguardano gli interessi di tutto il mondo.

Non paro di lavorare 16 ore al giorno, a latere ho altri progetti, in particolare la start-up www.voicemap.io partita in questi giorni nella sua prima release. Un servizio che trasforma un audio registrato in una immagine-mappa-mentale-con-grafica-e-testo.

In che maniera il tuo progetto rende il mondo migliore?

Gli inventori dell’approccio che utilizzo, hanno ben definito il nostro lavoro, andando oltre quel ruolo più visibile nelle sessioni di facilitatori. Loro lo chiamano Transition Management, quell’arte di traghettare le persone (e quindi le organizzazioni) da uno stato A a uno stato B, attraverso l’innovazione. E tutti noi sappiamo quanto sia difficile parlare di cambiamento, cercando di mediare tra coloro che non vogliono lasciare il passato e quelli che invece corrono verso il futuro. Fare il transition manager è quindi un lavoro complesso, lungo e articolato, che passa anche attraverso le sessioni di lavoro ma che è fatto di conversazioni, confronti, discussioni. Mi piace quindi pensare che far lavorare meglio le persone, in modo che raggiungano soluzioni migliori, condivise e co-disegnate abbia un impatto positivo sul loro lavoro, su di loro come persone e quindi sul mondo.

Qual è stato il tuo momento di maggior difficoltà?

E’ sempre difficile. Da quando ho aperto la partita iva a 18 anni, ogni singola decisione è stata difficile. Devo dire peró che l’avventura imprenditoriale è eccitante. Le decisioni sono difficili ma mi fanno sentire tanto vivo e padrone della mia vita.

Le vere difficoltà arrivano dal mio peggior nemico che non è il mercato, non è la crisi, non sono nemmeno i clienti o la difficoltà di inventare o trovare soluzioni nuove, cose mai facili ma in un certo senso gestibili. Il nemico vero è lo stato italiano in tutte le sue forme: dalla pressione fiscale alla prenotazione di un treno, tutto è inveterato, macchinoso, iniquo e inefficiente. Siamo un paese allo sbando che vuole far pagare alla mia generazione e ai giovani lo scempio dei 20/30 anni precedenti. Loro hanno fatto le ville in Sardegna e a noi presentano il conto e una macchina non piú in grado di camminare. Il problema è che non servono le elezioni o l’accorpamento delle provincie (non solo almeno) necessita una rivoluzione culturale prima di quella dei suoi sistemi, serve indignazione, serve finirla con l’essere tolleranti, serve pretendere il meglio: siate incazzati, solo cosí potremo cambiare questo paese.

Qual è stato invece il tuo maggior successo?

Sono stato fortunato. Nella vita sino ad ora ho fatto sempre un lavoro che mi ha soddisfato, e questo lo ritengo un grande dono. Certo non è tutto rosa e non è stata una marcia trionfale: tanti piccoli passi, qualche episodio, mille esperienze. Tuttavia, dovendo pensare ad un successo di cui sono particolarmente fiero, credo sia senz’altro la possibilità di lavorare all’estero in ambiti di eccellenza. Una formidabile occasione per viaggiare e lavorare con persone straordinarie, ascoltando le loro storie, imparando dal loro esempio. Cose importanti per il lavoro come per la vita e che spesso valgono piú dei compensi conseguenti.

Perché sei al HUB e cosa ti sta dando essere parte di questa rete?

Ci serve un Nuovo Rinascimento. Sono all’hub perché qui la percentuale di persone che vedono il mondo dalla mia prospettiva, condividono certi valori e hanno certe qualità è piú alta che in qualsiasi altro luogo. Se un ‘Cambiamento’ è il desiderio rivoluzionario, puó accadere solo in luoghi come questi. Nel mio piccolo cerco di aiutare gli altri membri e alcuni giovani a realizzare progetti che, avendo i giusti semi e valori, possano diffondere il virus. La strada è lunga e le speranze esigue ma a volte gli italiani hanno fatto cose inaspettate: il boom economico, per dirne una. Oggi come allora c’è un paese da ricostruire, speriamo di riuscirci prima che la Rivoluzione culturale che bramo, diventi rivoluzione sociale…