L’accessibilità delle città passa anche dalla cultura

Come rendere più accessibili le città in cui viviamo è uno dei quesiti su cui si stanno interrogando sempre di più pubbliche amministrazioni, centri di ricerca, organizzazioni non profit ma anche imprenditori sociali. Oltre ad essere uno dei temi centrali del secondo Bando FabriQ insieme a smart city e sharing economy, le città accessibili sono state anche protagoniste a Marzo a Impact Hub Milano. Per l’occasione abbiamo invitato il team di Musei senza Barriere a raccontarci il proprio punto di vista sull’accessibilità, che riguarda non solo gli spazi ma anche la cultura. Per chi non è riuscito a partecipare alla Soul Salad, abbiamo chiesto a Maria Chiara, Paola e Claudia di condividere con noi le loro riflessioni.

Cosa significa per voi accessibilità nel campo della cultura e in particolare dei musei?

Parlare di accessibilità culturale e in particolar modo museale, significa parlare di inclusione di tutti. Quello che soprattutto ci interessa sono le ricadute che permettono di sviluppare un’idea nuova di museo: spazio aperto, trasparente, collaborativo, articolato nell’offerta di strategie differenziate. L’assunzione di una responsabilità, necessariamente sociale, sui temi del coinvolgimento dei visitatori (che siano persone con disabilità, migranti, adolescenti o con altre esigenze specifiche) consente al museo di assumere allo stesso tempo un ruolo determinante anche sul fronte dell’etica e delle percezioni comuni, che tutti noi abbiamo, di alcune comunità.

Quali sono le sfide maggiori ma anche le opportunità per fare innovazione in questo ambito che in Italia e a Milano?

L’aspetto forse più interessante legato all’Italia e a Milano è che solo ora iniziamo a parlare di questi temi in modo articolato. L’accessibilità non è più solo fine a se stessa; ci permette di rimettere in discussione l’approccio con il quale ci siamo sempre rivolti all’inclusione dei diversi pubblici. C’è molto lavoro, dunque, ma anche molto ottimismo.

Quali sono le buone pratiche già attive in Italia e all’estero da cui poter prendere ispirazione?

In Italia e in Europa il panorama è molto frastagliato anche se sul fronte dell’accessibilità (in senso lato come la intendiamo noi) esistono ottimi spunti da cui prendere esempio. Sul nostro sito è presente una selezione di buone pratiche e modelli che ci paiono considerevoli. Presto implementeremo anche le sezioni dedicate alla mappatura delle best practices sul fronte della comunicazione e del coinvolgimento comunitario. L’ispirazione che possiamo prendere dall’estero arriva soprattutto dagli Stati Uniti, ma anche paesi come il Canada, l’Australia, l’Inghilterra, dimostrano grande consapevolezza diffusa, frutto di percorsi (soprattutto storico-politici) certamente diversi dal nostro. A tal proposito, su Artribune di marzo, M. Chiara Ciaccheri racconterà una sintesi delle buone pratiche americane per l’inclusione della disabilità a partire da una ricerca sul campo durata alcuni mesi.

Come l’accessibilità dei musei può migliorare l’accessibilità della città in generale?

Se si pensa al museo come a un servizio per il territorio e la comunità, la ricaduta nei confronti della città sarà sicuramente positiva. Un museo accessibile è un luogo accogliente dove le persone possono trascorrere del tempo di qualità, con ricadute trasversali in termini di relazioni e competenze. La qualità della proposta museale influisce sul benessere delle persone che vi partecipano e che quindi avranno un diverso approccio e un diverso modo di vivere anche la città. Un museo accessibile è anche un museo che guarda alla società contemporanea: si interroga su ciò che accade, include prospettive, punti di vista. E’ un luogo centrale per la costruzione di una società articolata e insieme solida; specchio delle complessità del presente, un museo accessibile rappresenta anche un possibile spazio di rappresentazione e confronto di cui tutte le nostre città avrebbero bisogno.