“Invece di cambiare il mondo con la rivoluzione, possiamo cambiare il mondo grazie all’innovazione”. Le parole dell’ex Ministro dell’Economia cileno Fontaine ben rappresentano lo spirito di Start-up Chile, programma di accelerazione del Governo che ogni anno attrae nel paese imprese internazionali early stage ad alto potenziale. Lanciato nel 2010, il programma ha ricevuto quest’anno quasi 3000 candidature. 7 mesi a disposizione insieme una rete di partners corporate e mentors d’eccezione, per creare nuove imprese in grado di cambiare il mondo. Tra le 100 startup selezionate nelle fila della Generazione 10 che sta concludendo ora il programma, c’è anche la nostra Hubber Margherita Pagani e il suo progetto Flythegap, piattaforma digitale per connettere persone da tutto il mondo e generare insieme soluzioni locali ad alto impatto. Come rappresentante della community a Santiago, le abbiamo chiesto di raccontarci riflessioni e retroscena dell’innovazione sociale in salsa latina.
“Estate, o quasi. Esco dal CMI, lo spazio di coworking di Start-up Chile, e mi rifugio nel parco dall’altra parte della strada. Laptop appoggiato sulle gambe incrociate, lascio ai raggi del sole e ai loro giochi d’ombra sul prato il compito di creare l’atmosfera giusta per scrivere della mia esperienza qui.
Personalmente, parlare oggi di innovazione sociale mi lascia quasi a disagio, per quanto sia un tema che trovo non solo importante ma anche estremamente necessario continuare ad indagare. È forse il rovescio della medaglia di un bombardamento di contenuti quotidiano, che satura rapidamente la nostra capacità di sopportazione di parole o frasi che sentiamo troppo spesso. Lo stesso vale, almeno nel mio caso, per startup – e ciò rende ancora più complesso trovare le parole giuste per parlare della mia esperienza in Chile e in Start-up Chile – un programma, appunto, per startup che lavorano nel campo dell’Innovazione Sociale.
Qualche giorno fa è arrivata la Generazione 11, quella successiva alla mia.
Start-up Chile semplicemente no para o, per dirlo all’italiana, non si ferma. Ogni 6 mesi c’è un cambio di generazione, e ogni 4 mesi i 200 imprenditori da tutto il mondo che hanno vinto l’accesso al programma si riversano qui a Santiago (al momento siamo in pieno overlapping fra due generazioni, la Gen10 e la Gen11, per un totale di circa 400 persone).
Impossibile non sentirsi parte di qualcosa di grande.
Start-up Chile è un’iniziativa che forse ancora non ha del tutto definito o consolidato il proprio potenziale, che per molti versi è fraintesa, ma che senza dubbio permette di vivere un’esperienza unica, insieme a una community proveniente letteralmente da tutto il mondo: il 29% delle startup viene dal Chile, seguito da Stati Uniti (21%), Argentina (7%), Messico e Brasile (5%), fino alle new entry Sud Corea, Portogallo, Pakistan, Ungheria e Danimarca.
L’ambiente non potrebbe essere più internazionale di così.
Ti fa scontrare quotidiamente con così tanti aspetti culturali, intellettuali, imprenditoriali, linguistici e metodologici diversi che è semplicemente impossibile non esserne influenzati e non imparare davvero qualcosa di nuovo tutti i giorni: il punto di vista che ti era sfuggito, la parola giusta che non trovavi, l’esempio che non conoscevi, il benchmark oltreoceano che ti mancava.
Tutto questo si incastra in un progetto d’innovazione dell’ecosistema imprenditoriale cileno che non posso non ammirare e al tempo stesso confrontare con quelli che conosco: quello italiano, che ho lasciato qualche mese fa, e quello più in generale europeo e inglese che continuo a frequentare molto spesso.
Il Chile sta offrendo se stesso e le proprie risorse a progetti provenienti da tutto il mondo, facendo sì che il settore pubblico e quello privato non solo si parlino ma soprattutto interagiscano, riconoscendo l’estrema complementarietà dei propri obiettivi: il primo vuole che il paese acceleri lo sviluppo della propria cultura d’impresa e migliori i suoi vari settori, il secondo vuole innovare gli stessi settori creando valore sociale, culturale ed economico. Corfo, l’organo governativo cileno responsabile di questi obiettivi, ha trovato in Start-up Chile l’anello mancante per far convergere sforzi e risorse in Chile.
Il risultato è un ecosistema imprenditoriale in costante ed intenso divenire – con tutti i suoi pro e contro: da una parte ci si muove molto più in fretta che in altri ambienti, per via dell’assenza di competizione agguerrita o di stratificazioni strutturali, dall’altra l’assenza di un settore sviluppato significa anche assenza di punti di riferimento chiari e procedure efficaci, per quanto ciò si traduca quasi sempre in un approccio estremamente aperto a creare quei riferimenti necessari. Decisamente un ambiente diverso rispetto a quello italiano – sì in evoluzione, ma anche molto piú vischioso, e quello inglese – piú sviluppato e dinamico ma anche troppo affollato.
Personalmente, e molto onestamente, non credo che Start-up Chile sia un ambiente per chiunque: per sentirti a tuo agio qui ti devono piacere davvero le sfide e le situazioni con totale assenza di riferimenti e, per quanto questo sia un tratto comune a quasi tutti gli imprenditori del mondo, è anche vero che ci sono diversi tipi di caratteri e mindset. Alcune persone sono portate per ambienti pionieristici, altre per settori più strutturati e sviluppati.
Nel mio caso, qui in Chile ho trovato il connubio perfetto tra la coscienza di un cambio necessario, il desiderio di credere che questo cambio sia possibile e la forte volontà di investire le risorse necessarie per far sì che questo cambio si concretizzi in strategie e azioni concrete.
Non so ancora cosa farò allo scadere dei sei mesi di programma. Ciò che è certo è che vorrò continuare a stare in prima linea per questo tipo di cause, personalmente e/o con il progetto su cui sto lavorando, lì dove c’è la possibilità di sentirsi nel posto giusto al momento giusto. Ma soprattutto, lì dove ci sono reali e condivise intenzioni di agire per un cambiamento sociale non solo giusto ma finalmente efficace.”