Se siete audaci come noi, questo mese l’imperativo è #explore

 

Il tema del mese visto dagli occhi dei nostri membri

L’aria di maggio porta con sé la voglia di viaggiare, esplorare orizzonti ancora sconosciuti e aprire nuove strade. Ma per guardare il mondo con gli occhi dell’esploratore non serve andare lontano, come ci racconta Alessandra Gesuelli, giornalista di viaggi e pilastro della community di Impact Hub Milano. Le abbiamo chiesto cos’hanno in comune la sua professione e l’innovazione sociale. Questa è la sua risposta:

Quando nel 1924 dopo mesi di difficoltà l’esploratrice e avventuriera Alexandra David-Néel arrivo’ a Lhasa, la città’ proibita, era la prima donna occidentale a mettervi piede. Sognava quel momento da anni, da quando aveva sentito per la prima volta a Parigi parlare di Oriente e Tibet e se ne era appassionata.

Una impresa impossibile, su cui non avrebbe scommesso nessuno, che era riuscita per la sua tenacia e la capacità di sognare. I veri esploratori sognano e fanno sognare ma esplorare vuol dire soprattutto vedere oltre. Convenzioni, regole, abitudini, mappe disegnate da altri con la scritta “hic sunt leones”.

Chi fa innovazione sociale, chi cambia il mondo che ci sta intorno, ha la stessa creatività e capacità di visione di un esploratore. Perche’ come un esploratore disegna nuove strade, sperimenta, vive il suo sogno in modo concreto e lo condivide. Ma non bisogna essere eroi in paradisi esotici.

Come sperimentiamo ogni giorno ad Impact Hub, la capacità di innovare viene dall’esplorazione profonda del quotidiano e dalla comprensione di quelle esigenze che ci sono ma non sono ancora espresse o non comprese appieno. Come un esploratore chi fa innovazione sociale, coglie le opportunità, sa viaggiare nello spazio fisico, come in quello teorico delle idee e non lascia intentata nessuna strada. Sarebbe una occasione perduta.

Dopo quel primo passo a Lhasa, Alexandra  ha scritto molti libri e fatto conoscere al mondo tanti aspetti di una cultura altrimenti poco nota. Se si fosse fermata avremmo saputo molto meno e tanto di quella cultura sarebbe andata perduta. Direi che ne valeva la pena.